I GRANDI AFFARI DELLE COOP ROSSE, DELLA FRESCA ALLEANZA 3.0 E DEL COLOSSO DI POLIZZE & ALBERGHI, UNIPOL

Le mitiche coop rosse sono oggi diventate un tassello strategico nell’economia e nelle finanze di casa nostra. E’ appena nato, infatti, il super colosso della distribuzione Coop Alleanza 3.0, che riunisce le tre realtà più “ricche”, ossia Coop Nord Est, Coop Adriatica e Coop Estense. Tre big del consumo da 5 miliardi di fatturato, 22 mila dipendenti, oltre 400 punti vendita di cui quasi 60 ipermercati.

Non basta. Perchè la forza della neonata Super Coop si misura anche dalla sua presenza nel mercato finanziario. E assicurativo. Secondo gli analisti, Coop Alleanza 3.0 ha in mano un quinto del pacchetto azionario di Unipol, l’ex compagnia del fu Pci, poi man mano cresciuta e ora corazzata di polizze & dintorni: una metà direttamente, l’altra metà attraverso alcune sigle contenute nello scrigno di Finsoe, che custodisce tutte le ricche partecipazioni del sistema coop.

Tripartizan la spartizione delle poltrone di vertice, come nelle migliori tradizioni “politiche”: ossia tre amministratori delegati, espressione delle tre maxi coop, ognuno con la sua delega pesante. Il futuro presidente di Coop Alleanza 3.0 – con delega ai servizi centrali e alle politiche sociali – sarà Adriano Turrini, oggi al vertice di Coop Adriatica; a Massimo Ferrari, di marca Estense, viene assegnata la “gestione caratteristica” (boh) mentre Paolo Cattabiani, targato Nord Est, si occuperà di finanza e sviluppo (è anche nel cda di Unipol). Una “gestazione” durata sei mesi, capace di superare “incomprensioni e personalismi”, ammette Turrini, ma il futuro, a quanto pare, è tinto – se non più di rosso – almeno di rosa. Gli ipermercati, infatti, dopo un boom hanno segnato il passo. Ma ora paiono in ripresa. “Da inizio anno – rassicura lo stesso Turrini – nelle gallerie commerciali registriamo un 5,7 per cento di incrementi nelle presenze e un 3 per cento nelle vendite. Segnali incoraggianti”.

Prosegue, quindi, la Lunga Marcia di Unipol per acquisire una postazione sempre più strategica nel firmamento del capitalismo nostrano. Del resto, i “compagni” bolognesi avevano già dato un forte segnale con il colpaccio Sai, la storica compagnia di casa Ligresti al centro di maxi inchieste giudiziarie e di non pochi dubbi sulle provenienze dei capitali. A “lavare” tutto ha provveduto, con grosso acume finanziario, il Gran Timoniere di Unipol, Carlo Cimbri, rampante al punto giusto da tentare con successo operazioni che nessuno mai avrebbe osato immaginare, neanche nei più vetusti salotti dei barba-capitalisti. Ricordate le telefonate dell’ex ministro degli Interni Cancellieri alla famiglia Ligresti per aiutare i rampolli della dinasty nelle vicende galeotte? Nessun problema, invece, per Unipol, che di Fonsai ha fatto un sol boccone, riuscendo a digerirne tutte le problematiche più “pesanti”.

Un modo come un altro – l’operazione Sai – per “dimenticare” la mancata acquisizione di Bnl-Antonveneta, la famosa scalata alle banche, tanto sognata da Massimo D’Alema e compagni per entrare finalmente nei salotti che contano.

Piero Fassino e, a destra, Giovanni Consorte

Piero Fassino e, a destra, Giovanni Consorte

Ma c’è anche una consolazione bis, per Unipol & compagni di merende. La fresca sentenza della Cassazione che condanna Silvio Berlusconi e il suo quotidiano per una delle poche cose serie che hanno fatto nelle loro carriere. E cioè la documentata denuncia della tentata scalata, pubblicata sulle colonne del Giornale, esercitando il diritto-dovere d’informare i cittadini. “Ma allora, abbiamo una banca!”, gongolava Piero Fassino al telefono con il furbone del quartierone, Giovanni Consorte, a quel tempo al vertice di Unipol. La Cassazione ha confermato la condanna, fregandose di ogni diritto di cronaca, e mostrando palesemente di difendere gli interessi dei Palazzi. Non basta, perchè il sindaco di Torino, Fassino, beccherà 80 mila euro di risarcimento danni, con ogni probabilità perchè è stata violata la sua privacy. Ai confini della realtà. Non vengono perseguiti comportamenti illeciti, pur solo tentati (o meglio, non andati a buon fine), ma chi osa denunciarli: anche se sono i cronisti dell’ex Cavaliere.

E la ciliegiona sulla torta è la scalata nella hit dei 5 stelle e non solo. Grazie alle recenti acquisizioni, infatti, Unipol ha rapidamente acquisito la pole position nel settore alberghiero, come abbiamo documentato un paio di mesi fa. E ancor più potrà fare – diventando la numero uno a livello nazionale, e superando quindi i colossi internazionali della ricettività – grazie ai pingui fondi che pare intenzionata a erogare la generosa Cassa depositi e Prestiti, sempre più al servizio dei “desiderata” del premier Matteo Renzi, e pronta ad aprire i rubinetti verso le imprese che bussano a danari: oggi il timone è nella mani di Claudio Costamagna, il nuovo “mister Sportello”, un po’ come negli anni d’oro della prima repubblica era ‘O ministro Paolo Cirino Pomicino, prima presidente della strategica commissione Bilancio, poi titolare della Funzione Pubblica e quindi dello stesso Bilancio.

E dai clienti di Unipol Banca arrivano non poche proteste. Servizi poco efficienti, lungaggini nelle pratiche, una burocrazia quasi “sovietica”. “C’è scarsa attenzione alla clientela di tutti i giorni – ammettono a Bologna – perchè qui vogliono pensare ormai solo in grande. Quindi i mega contratti, i clienti da almeno un milione di euro. Purtroppo molto è cambiato negli ultimi anni”.

Il quartier generale di Unipol Banca a Bologna

Il quartier generale di Unipol Banca a Bologna

E moltissimo è cambiato anche rispetto al passato. Quando tutti ricordano “la compagnia rossa”, piccola ma coraggiosa. Ecco quel che racconta un “piccolo”, anche lui, imprenditore napoletano che negli anni settanta-ottanta frequentava gli uffici partenopei della compagnia, quattro stanze a pochi passi da piazza Municipio. “E’ passato un secolo. Non li riconosco più. Mi ricordo un direttore di allora, Alfano, che era vicino ai clienti, ai piccoli commercianti in cerca di assicurazioni meno pesanti, ai piccoli imprenditori come me. Adesso col tempo tutto è cambiato. Sono diventati peggio dei capitalisti che allora attaccavamo insieme. E fanno i soldi sulle nostre spalle”.

E infatti. Proprio dal mezzogiorno, dal mondo delle piccole imprese, arrivano le proteste più vibrate. “Per un pignoramento mi hanno bloccato il conto corrente, i pochi fondi che c’erano in un giorno. Adesso che ho avuto lo sblocco dal tribunale, che ha riconosciuto le mie ragioni, non c’è verso che me lo sblocchino. E succede a tanti altri artigiani che conosco. Perchè non interviene nessuna autorità di controllo? Perchè le banche possono fare e disfare a loro piacimento i destini di imprese messe in piedi col sudore della fronte?”.

 

In apertura, a sinistra Salvatore Ligresti con la figlia Jonella e, a destra, Carlo Cimbri.

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