MORTI D’AMIANTO ALLA PIRELLI. MA VERONESI E L’AIRC NON SAPEVANO NIENTE?

Clamorosa condanna in primo grado per i 24 operai Pirelli morti per amianto. Così dettaglia il Corsera: “Dopo due assoluzioni nei processi per 8 morti di amianto nella centrale Enel di Tubirgo e per 32 morti nella fabbrica Franco Tosi di Legnano (gruppo Pesenti), il tribunale di Milano esprime invece la prima condanna nella ‘capitale’ industriale ritenendo 11 ex amministratori della Pirelli (quasi tutti ultraottantenni) responsabili di omicidio colposo e lesioni colpose ai danni dei 24 operai morti o ammalatisi di mesotelioma pleurico, cioè della forma di tumore determinata dall’esposizione all’amianto nel 1977-1988 nei reparti autocarri e mescole degli stabilimenti di viale Sarca e via Ripamonti”.

Il processo comincia nel 2011. Subito un paio di stop, per via delle richieste di archiviazione dei due primi pm, istanze respinte dal giudice Federica Centonze. E’ solo grazie alla tenacia del nuovo pm, Maurizio Ascione, che si arriva alla decisione del gup Luigi Varanelli per il rinvio a giudizio. Nella sua requisitoria il pm Ascione ha sottolineato “la profondità e il radicamento nel tempo di una situazione di pericolo che avrebbe reso necessario un intervento strutturale” (stesso copione andato in scena per il processo Ilva, tra finti lavori e finti controlli). Hanno mai preso di petto la situazione, gli amministratori Pirelli? Ne hanno mai seriamente discusso durante un qualche cda? Niente. A quanto pare, durante svariate riunioni di cda si sarebbe parlato – come sottolinea Ascione – “solo di provvedimenti contro gli infortuni sul lavoro, come se quello delle malattie professionali fosse un tema di serie B”. Ancor più dure le univoche testimonianze di alcuni operai: “quando provavamo a chiedere un miglioramento delle condizioni di sicurezza, ci rispondevano ‘taci e lavora’”.

Sorgono spontanei alcuni interrogativi. Stiamo parlando di fatti e reati compresi nell’arco temporale 1977-1988, quindi iniziati quasi quarant’anni fa. Studi scientifici e recenti acquisizioni scientifiche a parte, cosa ha mai impedito il decollo del processo in tempi umanamente più ragionevoli? Al solito la giustizia, quando miracolosamente fa luce, arriva a massacri ampiamente fatti e strafatti: perchè? Cosa mai ha protetto fino ad oggi gli ottuagenari vertici Pirelli?

Il copione, incredibilmente, ricalca quello del sangue infetto, la strage silente di migliaia di pazienti ammazzati o invalidati dagli emoderivati killer, distribuiti senza controlli dalle multinazionali del sangue: incredibile ma vero, anche in questo caso i crimini cominciano a metà anni ’70 e vanno avanti per un quindicennio. Il processo sta per cominciare – vivaddio – a Napoli: ma ecco il primo stop, la difesa degli imputati (fra i big, re mida Duilio Poggiolini e il re degli emoderivati Guelfo Marcucci) invoca la non processabilità dei due per età avanzata e condizioni di salute: ora la parola passa ai periti. E gli avvocati di parte civile denunciano: “ma perchè mai siamo dovuti arrivare a questo punto, anni di attese, rinvii, uno Stato assente per una incredibile storia che ha fatto migliaia di vittime innocenti, una vera strage di stato?”.

Sul processo napoletano per sangue infetto torneremo nei prossimi giorni, quando si avranno notizie sulle perizie tecniche perchè finalmente possa prendere il via il processo.

Ma un altro dato, a proposito del processo Pirelli e le 11 condanne, inquieta. E non poco. Le condanne più alte sono state inflitte a Luciano Isola, membro del cda dall’86 al ’90 (7 anni e 8 mesi), a Piero Giorgio Serra, ex amministratore delegato Pirelli (6 anni e 8 mesi), e all’ingegner Guido Veronesi, anche lui nel cda. Il secondo, Serra, è stato per anni al vertice dell’Airc, l’Associazione Italiana per la ricerca sul cancro. Il secondo, Veronesi, è fratello del luminare milanese, fondatore e animatore dell’Istituto Oncologico Europeo. Sorge spontanea – e, appunto, inquietante – la domanda: come mai due grandi esperti di tumori e mesoteliomi, come Serra e Veronesi, non sono riusciti a intuire un problema grosso come una casa? Gigantesco come gli stabilimenti meneghini di viale Sarca e via Ripamonti? Altri due piccoli interrogativi: ma chi ha mai nominato Serra presidente dell’Airc? E poi: luminare Umberto non poteva accendere qualche lampadina per le intuizioni del fratello manager? Misteri.

 

Nella foto, Umberto Veronesi

 

 

 

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