In tre minuti – Marx e…

Marx è vivo

Circola tra i vaticanisti, ma anche tra gli estimatori laici di Bergoglio, l’idea che sia proprio lui l’ultimo marxista del mondo occidentale. L’attributo è motivato dal modello di pontificato di papa Francesco, teso a rimuovere le scorie di una tenace conservazione delle gerarchie clericali, a innovare con l’introduzione del principio di tolleranza per condizioni umane bollate dalla chiesa per secoli come l’appartenenza ad altre fedi, il rapporto con i divorziati, l’omosessualità e la condanna di ogni violenza, del sistema liberistico che provoca estreme povertà e ingiustificate ricchezze, della pedofilia, ignobile pratica diffusa tra i sacerdoti, degli illeciti nella gestione dello Ior, della discriminazione razziale, del lusso degli alti prelati, dei loro privilegi contrari all’insegnamento cristiano. La rivoluzione di Francesco, papa francescano, cioè coerente con il nome scelto per l’investitura a capo della Chiesa, non è stata indolore. Ha dovuto aggirare con intelligenza e giusta determinazione ostacoli di ogni tipo, per lo più resistenze dei vertici clericali alla modernizzazione e democratizzazione della Chiesa, ma il consenso trasversale per il suo apostolato è salito ed è in continuo crescendo. Ultimo, in ordine di tempo, con l’intesa per il riconoscimento dello Stato palestinese siglata dall’abbraccio tra Bergoglio e Abu Mazen, che perfeziona l’accordo tra lo Stato Vaticano e l’Olp del duemila. Israele non ha nascosto la delusione per la sintonia della Santa Sede con la decisione dell’Onu di ammettere la Palestina nel consesso delle nazioni Unite. La riflessione pacificatrice del Vaticano è nell’augurio che l’accordo contribuisca alla pacificazione e al reciproco riconoscimento dei due Stati. L’obiettivo non è nuovo e papa Francesco lo ha delineato durante il pellegrinaggio in Terra Santa, con il ricorso al concetto della pace fondato sulla condivisione del diritto di Israele e della Palestina a coesistere nei rispettivi territori, in confini fissati a livello internazionale. Riad Al Malki, ministro degli esteri palestinese, ha confermato la volontà del suo Paese di contribuire alla pace e alla giustizia nella regione condivisa dai due Stati e ha assicurato l’impegno a garantire la libertà di religione e di coscienza, a combattere ogni estremismo. Nella circostanza è stata affrontata anche la polemica sul costo di tre milioni di euro per l’allestimento del padiglione Vaticano dell’EXPO e il papa ha annunciato che quanto sarà donato alla struttura espositiva andrà a beneficio dei profughi, bambini e famiglie, rifugiati in Giordania, destinato alla promozione dell’istruzione e ai bisogni primari.

 

Italia a rischio Califfato?

L’orrore per le stragi degli jiadisti rimette sotto la lente di ingrandimento il rischio per i Paesi europei di attentati che finora hanno risparmiato l’Italia. Sarà sempre così? Esperti e osservatori istituzionali del fenomeno Isis non ritengono immediato il pericolo e indicano in una delle città non comprese nella mappa del rischio il possibile obiettivo dei terroristi. D’altra parte gli attentati di Parigi e quello di ieri dell’Isère confermano l’evidente impossibilità di mettere in sicurezza interi territori nazionali o di stroncare il reclutamento del Califfato “nero” che avviene attraverso contatti diretti o telematici. Ma l’Italia potrebbe finire nel mirino delle organizzazioni terroristiche? L’ipotesi è connessa alla percezione dell’Isis dell’atteggiamento italiano nei confronti di Paesi africani dove domina l’islamismo. Ma è certo che i servizi segreti riescano a individuare i potenziali attentatori e a renderli inoffensivi? L’episodio di Lione solleva qualche perplessità, se è vero che l’autore dell’attentato era noto e già segnalato all’attenzione dell’intelligence francese.

 

 

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