IL FONDO STRATEGICO E L’AIUTINO DI STATO A ROCCO FORTE

Un poker di complessi storico architettonici pronti a diventare alberghi super lusso. Per la gioia dell’immobiliarista italo britannico Rocco Forte, a caccia di liquidità, pronta Cassa depositi e prestiti…

Sono quattro complessi immobiliari di notevole pregio storico-architettonico, collocati in altrettanti angoli dimenticati del Belpaese. Scelti dalla Cassa Depositi e Prestiti per essere trasformati in altrettanti hotel ed avviare così la creazione del “Polo del turismo italiano”, una sorta di campione nazionale dell’ospitalità. Dei futuri alberghi è stata resa nota solo la provincia dove si trovano. Ma grazie alle rivelazioni de L’Espresso, si è finalmente alzato il velo di segretezza che sino ad ora ha celato l’identikit dei beni selezionati.

Nel primo caso siamo sul Lago di Garda, a Peschiera, nel cuore della famosa piazzaforte asburgica. Qui, da tempo inutilizzata ed in ottimo stato di conservazione, sorge la Caserma XXX Maggio. Usata come carcere militare, fu eretta a prova di bomba per volere degli Asburgo e rappresenta l’opera di maggior rilievo nella scena urbana di Peschiera. Anche il secondo immobile, che si trova a Venezia, fu utilizzato come prigione. Si tratta del complesso delle “ex Carceri di San Severo” a Castello, costruito dagli austriaci all’inizio dell’Ottocento: un immobile dalle qualità edificatorie pregevoli, collocato in un’area a forte vocazione turistica, distante solo mezzo chilometro dal Ponte dei Sospiri ed a pochi minuti da Piazza San Marco.

Dal Veneto si passa in Lombardia, a Bergamo, dove un vero e proprio “oggetto dei desideri” potrebbe essere trasformato in un hotel di lusso. Palazzo Lupi è infatti un autentico gioiello architettonico. Posto all’interno del perimetro del borgo storico e nei pressi della cinta delle Mura Venete, è chiuso dal 1997, anno in cui ne uscì il comando della Brigata Legnano.

Infine, in provincia di Torino, la scelta della Cassa Depositi è caduta su “Corte Pagliere”, un compendio immobiliare situato nel centro storico di Venaria Reale e già sede della Scuola sabauda d’Equitazione d’Artiglieria. “Corte Pagliere” è di fatto parte integrante della Reggia di Venaria, dichiarata dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità e che nel 2013 è stato addirittura la quinta attrattiva più visitata d’Italia.

Ubicazioni a parte, vediamo di ricostruire la trama dell’intera vicenda. Per capire, soprattutto, chi ha fatto l’affare.

La proprietà degli immobili individuati dalla Cassa Depositi attraverso il Fondo Strategico Italiano (FSI) e che, una volta divenuti hotel, varranno almeno 90 milioni di euro, sarà affidata ad un fondo. La gestione alberghiera verrà invece attribuita ad operatori di settore: “è il modello individuato nel progetto Polo del Turismo, già adottato in diversi Paesi con vocazione turistica”, ha precisato l’ufficio stampa del FSI. Che proprio nelle prossime settimane dovrebbe perfezionare un accordo con il gruppo Rocco Forte, annunciato a novembre dello scorso anno. FSI sarebbe dunque pronto ad un investimento pari a 80-85 milioni di euro, con cui, attraveso Fsi Investimenti (società detenuta per circa il 77% dal FSI e per circa il 33% da Kuwait Investment Authority) acquisirebbe il 23% della holding con sede a Londra presieduta da Sir Rocco Forte. Inglese di nascita, ma italiano di sangue, un passato da playboy, Sir Rocco Forte è l’erede di Sir Charles Forte, fino agli anni Novanta indiscusso re di un impero alberghiero poi scalato dal gruppo Granada. Ora Rocco Forte è a capo di una piccola e prestigiosa catena internazionale, che dispone di 11 lussuosi alberghi, tre dei quali si trovano in Italia: a Firenze, Roma e Sciacca. A cui potrebbe aggiungersi una struttura a Milano, dove è in corso un negoziato con la Curia per trasformare lo storico seminario milanese di Porta Orientale in un hotel cinque stelle.

La scelta del Fondo Strategico caduta su Rocco Forte si spiegherebbe quindi con l’opportunità di dar vita a strutture esclusive, gestite con approccio manageriale e con vision internazionale: “il progetto – ha precisato infatti il FSI – è basato sull’analisi del panorama alberghiero Italiano, che è caratterizzato da strutture familiari di piccole dimensioni e qualità disomogenea, spesso gravate da elevato indebitamento”.

La partnership con il gruppo alberghiero italo-londinese per la conversione dei quattro asset presenta però elementi di incertezza. In tutti e quattro i casi si tratta di beni sottoposti a stringenti vincoli urbanistici, che renderanno l’iter per la conversione non privo di difficoltà. E i tempi di realizzazione degli alberghi non saranno certo brevi.

Ma vincoli e tempi non costituiscono le uniche incognite presenti nell’operazione del FSI. Che, come recita lo statuto sociale, compie “investimenti sul capitale di società che presentino significative prospettive di sviluppo” e caratterizzate da equilibrio economico-finanziario. I conti al 30 aprile 2013 della holding del gruppo Rocco Forte (Rocco Forte & Family Limited, nda) però non brillano: a fronte di un fatturato di poco superiore a 185 milioni di sterline (pari a circa 246 milioni di euro), i debiti sono un macigno di quasi 440 milioni di sterline (poco meno di 600 milioni di euro). Un dato, questo, pari quasi a cinque volte il patrimonio netto societario. La Rocco Forte & Family Ltd, inoltre, ha accumulato, nell’arco della sua vita, perdite complessive pari a 60,9 milioni di sterline, quasi l’equivalente del capitale sociale: 66 milioni di sterline. L’iniezione di liquidi – che come prevede l’accordo con il Fondo Strategico si tradurrà in un aumento di capitale – rappresenta ossigeno indispensabile per il gruppo inglese. Come peraltro aveva fatto notare il Financial Times, commentando a caldo la notizia dell’avvio della partnership italo-britannica.

La società londinese, dunque, è stata scelta come partner per dar vita ad un campione nazionale del turismo, nonostante l’importante massa debitoria. Una situazione questa, che ritroviamo anche negli affari di Sir Rocco Forte su suolo italico. I conti delle tre società che hanno in capo altrettanti alberghi italiani del gruppo, assommano una esposizione di circa 200 milioni di euro. Ciò a fronte di un fatturato generato dalle tre attività di poco superiore a 65 milioni di euro. Il passivo riguarda, in particolare, la società di gestione del resort a Sciacca, gravata, come emerge dall’ultimo bilancio depositato pochi giorni fa, da ben 131 milioni di debiti verso il gruppo Unicredit. Una cifra, questa, che, unita all’ultimo disavanzo registrato ed alle perdite “portate a nuovo” salite a quota 32,5 milioni di euro, ha fatto “evaporare” il capitale sociale. Di qui la decisione di mettere in campo un radicale piano di ristrutturazione del debito. Piano volto, come si legge nella relazione sulla gestione, al possibile “risanamento dell’esposizione debitoria e al riequilibrio della situazione economico finanziaria della società”.

Ma i dubbi sull’investimento del Fondo Strategico non hanno solo a che fare con l’effettiva solidità del gruppo Rocco Forte. Attengono anche alla possibile sovrapposizione/duplicazione di ruolo con chi, per conto dello Stato, già da anni opera nello stesso ambito: quello della valorizzazione in chiave turistica di immobili pubblici. Parliamo di Italia Turismo spa (controllata, attraverso Invitalia spa, dal ministero del Tesoro, nda) che in tempi recenti ha acquisito, “grazie all’alleanza strategica con il socio Fintecna Immobiliare, un pacchetto di immobili che potranno essere convertiti in complessi con funzioni integrate: turistico ricettiva, residenziale e commerciale”. Obiettivo, questo, che la società veicolo di Invitalia in realtà non ha centrato: l’incarico a John Lang Lasalle, nota società internazionale di consulenza specializzata in servizi immobiliari, per vendere e/o valorizzare una serie di asset non ha prodotto alcun risultato.

C’è infine un ulteriore aspetto degno di nota nell’affaire Fondo Strategico-Rocco Forte: quest’ultimo sarà solamente gestore delle strutture, mentre tutti i costi milionari di trasformazione immobiliare e connessi alla proprietà dei beni saranno a carico del Fondo Investimenti per il Turismo (FIT) della Cassa Depositi. Quindi Rocco Forte presterà solo il know how e la sua expertise gestionale nel settore alberghiero. Vi è da chiedersi come mai Maurizio Tamagnini, ad del Fondo Strategico, ed i suoi collaboratori non si siano orientati su gruppi internazionali finanziariamente più solidi. “Al fine di individuare le società potenzialmente investibili, FSI ha analizzato e avuto contatti diretti con circa 15 società e catene alberghiere operanti in Italia, sia nazionali che internazionali” ci ha scritto l’ufficio stampa del FSI. Quali siano non è dato sapere.

@albcrepaldi

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