Caos per niente calmo nel Pd e in Forza Italia

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Nelle analisi del dopo elezioni riceve particolare attenzione e corposi dibattiti il dato sull’affluenza alle urne. Oramai da anni, l’adesione all’invito di esprimersi su consultazioni locali, nazionali e internazionali, si riduce nettamente e denuncia un’erosione prolungata che potrebbe avvicinare l’Italia a Paesi tradizionalmente disattenti al voto. Colpa dell’italiano medio? I politologi provano a spiegare che il disamore per le urne procede di pari passo con la disaffezione per i partiti, ampiamente meritata per la loro distanza progressiva da modelli di partecipazione, di vicinanza agli elettori, dall’etica e per il loro coinvolgimento progressivamente esteso nel sistema della corruzione.
Qualche tempo fa, enumerare i casi di esponenti della sinistra implicati nelle forme di tangentismo nate con “mani pulite”, si esauriva in episodi rari, imparagonabili al dilagare di illegalità di altri settori della politica. In un lasso di tempo relativamente breve, uomini del Pd sono entrati nell’occhio indagatore della cronaca con tale frequenza da non fare quasi più notizia. Big dell’economia e delle grandi imprese, esponenti di Enti locali, membri dell’apparato dem, si sono omologati ai ladroni di altra appartenenza partitica e hanno procurato alla parte sana del Pd il rimorso per aver cancellato dalla propria storia organismi di controllo che intervenivano tempestivamente e con estrema severità con epurazioni, commissariamenti, ristrutturazioni radicali di sezioni e circoli della sinistra storica.
C’è, per esempio, un momento di stress, di alta tensione e di scompiglio politico che attraversa Napoli, la sua provincia, la Campania. Sindaci del Pd in arresto, indagati, protagonisti della perdita verticale di legittimità a cui il popolo della sinistra guarda con sconcerto, incredulo e per quote consistenti indotto a non riconoscersi più nel partito democratico.
Come se non bastasse, prende corpo nel partito di Renzi un conflitto interno insanabile che ricorda gli aspri contrasti tra correnti democristiane (dorotei- sinistra Dc) degli anni settanta. Esempio, Italicum: Renzi, in risposta al dissenso della minoranza, tira dritto e inventa la rigidità della metafora “l’Italicum non è il Monopoli, gioco che prevede di tornare indietro” . Su cosa fa leva la contestazione della minoranza? In particolare sulla richiesta di ridurre il numero dei candidati bloccati dal partito alla testa delle liste. Richiesta improponibile o lecita? Renzi va dritto per la sua strada, sfiora l’autoritarismo e nega il dialogo a Cuperlo e compagni. Vuol dire che rotto il compromissorio patto del Nazareno, rimane il vincolo nascosto di non scontentare Alfano, gli alleati di destra del governo, le colombe di Forza Italia? Di questo passo tempi bui per il recupero di consensi della partitocrazia italiota.

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